Storie di semi e di alberi

di Elena Parmiggiani - 6/3/2013

Un seme in dono, il noce
Alla mia nascita i miei nonni e genitori hanno deciso di piantare due alberi. Un noce ed un salice piangente. Dopo qualche anno il salice, molto malato, ha finito il suo ciclo e con mio gran dispiacere è morto. Nessuno ha mai preso il suo posto e nessun salice piangente è nato da questa pianta maestosa. E’ un ricordo che porto sempre con me e quando guardo il noce ancora al suo posto, che ombreggia mezzo giardino e che ci regala le sue noci ogni anno, con cui facciamo il nostro buon nocino, è un conforto e una sicurezza. Ha ancora tanti anni davanti, e sicuramente vivrà più di me, più della mia generazione, più della vita mordi e fuggi che ci caratterizza ora in questa società.
Questo noce è prolifico di noci ma anche di piccoli alberelli. Ogni anno, sul nostro terreno di riporto, orribile, argilloso, duro e asfittico in inverno, nascono 3 o 4 piantine dalle noci lasciate cadere e mai raccolte. Qui, in questo luogo, in questo giardino di città semiselvaggio, nascono da soli semenzali di tantissimi alberi: bagolaro, quercia, ligustro, alloro, qualche pianta non identificata…
Il noce è sempre lì, che osserva dall’alto della sua chioma noi e il vicinato, un po’ vigilando un po’ dando rifugio e cibo a noi, al compost, alle ghiandaie, ai picchi, agli scriccioli. Negli anni, osservando, ho compreso che non tutte le noci possono germinare e che solo quelle che svernano fuori, un po’ lontano dall’albero crescono veloci e con un bel portamento eretto.
Qualche volta mi diverto a prendere una noce in autunno, lasciarla in un posticino che ad intuito mi sembra protetto, umido, non troppo freddo, ma neanche caldo e dove so che il topo o la ghiandaia non la troveranno. Prendo la noce e la appoggio sul terreno, coprendola con qualche foglia di noce, senza sotterrarla in un sudario di terra, che so che non le piace. Poi aspetto.
Ecco se c’è una cosa importante è ritornare ai ritmi di un tempo lontano, ritmi di respiro e di crescita e di rami e braccia allargate a cogliere il sole e la brezza.
Non c’è fretta, la noce germinerà, ha un intento forte e grande di diventare albero e anche io l’aiuto, pensando intensamente alla meravigliosa pianta che diventerà.
In primavera, dopo la neve, dopo il gelo, dopo le piogge e le nebbie che sembrano non voler andare mai via, visito i posti dove so di aver messo le noci e osservo il miracolo della natura condensato in un piccolo germoglio con due, quattro foglie che nel giro di poche settimane diventerà un adolescente spilungone e sgraziato, per poi negli anni trasformarsi in un albero maestoso e prezioso.
A questo punto posso pensare di trapiantare l’albero in un altro luogo oppure regalarlo (già successo tante volte), perché c’è bisogno in un altro luogo. Ma la cosa migliore, che farà sì che l’albero diventi grande nei suoi tempi e che non si blocchi per un trauma così grande come il trapianto, è di seminarlo direttamente dove voglio i miei alberi, semplicemente. In circa 10 anni il noce comincerà a fare i primi frutti, e scoprirete quali caratteristiche ha preso dei genitori, magari come è accaduto a me scoprirete che le noci hanno un guscio più duro e che il mallo è più piccolo. Oppure che il guscio è morbido e facile da aprire anche solo con due dita e il mallo è più grande e saporito.

 

Le promesse di un futuro più verde, il nocciolo
Qualche anno fa il Comune di Roma regalò, forse con una bella anticipazione sui tempi e forse anche per pulirsi la coscienza con gli ambientalisti, un kit per seminare le nocciole che impiegava un processo semplice di stratificazione (che imita la natura e l’inverno), le nocciole, veniva spiegato nel depliant, andavano messe in frigo per un mese.
Il nocciolo è una pianta estremamente generosa e vitale, non solo possiamo mangiarne i semi, ma possiamo anche utilizzare il suo legno, senza doverlo uccidere tagliandolo completamente, e possiamo anche prendere i suoi polloni, i rami che crescono alla sua base, e piantarli nella sabbia e riprodurre un nocciolo identico alla pianta madre. Le nocciole in autunno sono cibo per tanti animali ed hanno salvato intere popolazioni della montagna dalla fame negli inverni lunghi e rigidi.
Il nocciolo ha una crescita veloce, ma fa i primi frutti dopo 6 o 7 anni dalla sua nascita e a crescita piena è un cespuglio un po’ intricato con rami che crescono dalla base e rami che muoiono al centro, che rimangono in piedi negli anni, allargando di molto la pianta e rendendola adatta alla vita nel bosco, dove tanti animali si cibano volentieri sia dei suoi rami che delle sue golosissime nocciole.
Passeggiando sulla strada che porta al cimitero del paese dei miei nonni, si vedono intere cancellate da cui spuntano le foglie tondeggianti del nocciolo: in autunno è facile raccogliere le nocciole che escono dal giardino di qualche villa signorile, anche se raccogliere le nocciole lungo la strada (ma anche altre cose o cibo) è una specie di tabù. Chissà perché la raccolta è diventata sinonimo di povertà, chissà perché il ricordo della raccolta dai margini delle strade o il semplice fatto di prendere una pianta che sta crescendo in un angolo riesce così difficile. Riflettendoci, non è solo la paura di prendere cose inquinate, è proprio legato al fatto che molti di noi “prima” raccattavano e raccoglievano qualsiasi cosa, semi, piante, cartone. Chi ricorda ecce bombo? Mio nonno materno raccoglieva anche elettrodomestici buttati sul ciglio della strada e li risistemava per poi regalarli o venderli per pochi spiccioli agli amici e parenti. Mi ricordo ancora quando, negli anni ’70 mi portava, me ancora così giovane che andavo alle elementari, a raccogliere gli scarti altrui, mi ricordo ancora delle matite colorate bellissime, ancora nella loro confezione. Poi è arrivato un “dopo” e tutto quel che si trova e si trovava lungo le strade era diventato “spazzatura”, intoccabile, malsana, maleodorante, sporca. Ma torniamo alle nocciole.
Quelle prese di soppiatto da una siepe di una villetta signorile bene erano molto saporite, dolci, anche un po’ verdi sembravano buonissime. Ho tanti bei ricordi legati al nocciolo e ho sempre voluto averne uno o due nel giardino di casa, ma senza molto successo. Ci si possono fare tante cose, cestini, graticci, piccole recinzioni, il telaio per il forno in terra cruda, che mi riporta agli ultimi giorni di settembre dell’anno scorso quando siamo andati in cerca di rami di nocciolo per i boschi e poi, pestando argilla e paglia, abbiamo costruito un forno meraviglioso che sforna pane e pizze ottime. In men che non si dica i rami di questo bell’arbusto si piegano e si adattano a molte forme, intrecci, stupende costruzioni impermalenti, che hanno il vantaggio di non mettere radici al contrario del salice. Ottimi quindi per fare tutori per l’orto, per fagioli, pomodori, zucche. Ottimo per fare ricoveri temporanei, ottime le sue foglie per il compost.
Quel kit del comune è rimasto a prendere polvere fino al 2009, quando un bel giorno mi è venuta l’idea di “seminare” i noccioli in giardino. Avevo già ricevuto in regalo un pollone di Tonda delle Langhe durante il mio corso di Permacultura e volevo proprio vedere cosa sarebbe nato da una combriccola di nocciole lasciate in un angolo per tanto tempo. Ovviamente ho fatto di testa mia, vista l’esperienza con vari tipi di semi di albero ed arbusto, con cui sperimento da tanti anni, e grazie all’osservazione dei semenzali di noce, ho scelto dei posti che mi sembravano adatti ed in autunno ho messo le nocciole in buchette di 5 cm di  profondità e poi coperte con terra, imitando gli scoiattoli e i topi, che scavano e mettono più di una nocciola alla volta in un deposito che a volte si dimenticano. Pare che i topi preferiscano conservare nocciole che non contengono larve, e pare che da queste nocciole nascano piante molto sane e robuste, dimenticate in un buco insieme alle altre nocciole, coperte da una bambagia di foglie.
Di una decina di semi, così piantati, dopo due anni di lunga attesa  ne sono nati tre e poiché non faccio nulla o quasi per difenderli, uno solo sopravvive ancora oggi, bello, rigoglioso e forte. Una selezione spietata, mi dico, ma forse la mia piantina di nocciolo, sopravvissuta al gelo, all’umidità, alla nebbia, al vento, al solleone e alla siccità e al suolo terribile del mio giardino, è l’unica piantina di nocciolo possibile. Non so se le mie due piante in giardino faranno frutti, non so nemmeno se li vedrò. Ma sono felice, felice perché ogni seme che metto nella o sulla terra è una speranza ed un sogno. Come i sogni non sempre si avverano, le piantine non sempre nascono, ma la speranza è un dono in sè.